Se ci si pensa bene, dal cane – animale domestico per eccellenza e tramandato universalmente come miglior amico dell’uomo – a qualsiasi altro animale addomesticabile, tutti hanno una funzione nell’economia domestica. Sanno fare qualcosa. Dalla guardia, alla caccia, a vari servizi, alla compagnia. Il gatto nemmeno quest’ultima. Sei tu che fai compagnia a lui, quando ne ha bisogno e voglia. Non un istante di meno, non un istante di più.
Vive nelle nostre case senza occuparsi di nulla. Senza padroni, perché in realtà noi siamo coloro a cui permette semplicemente di star loro vicino, di convivere, al limite di occuparsi di loro ma senza prenderci troppo il vizio, senza essere asfissianti. Il cane ha un padrone, il gatto ha un convivente. Il cane fa molte cose, si guadagna la ciotola di cibo abbondantemente. Il gatto nessuna, e non per questo ci sogniamo di lasciarlo a digiuno.
Perfino uno schizzinoso come il Profeta Maometto cadde vittima della malia felina. E per tutta la vita ebbe gatti attorno a sé, lasciandoli in eredità all’Islam come animali praticamente sacri. Nei paesi musulmani la vita – di qualunque specie, compresa quella umana – ha poco valore. Ma guai a torcere un capello ad un gatto. E’ un peccato mortale.
Il feeling speciale tra felini e umani conobbe alcuni momenti di appannamento soltanto nei secoli bui del Medioevo, allorché qualche superstizioso di alto o di infimo rango intravide nel gatto una incarnazione del maligno. Nelle campagne si diceva che «tutti gli animali sono stati creati da Dio, meno il gatto che è stato creato dal Diavolo». Bersaglio principe di tale superstizione fu inevitabilmente il gatto nero, immaginato come alter ego dello stesso Satana.
Con l’Illuminismo e la fine della caccia alle streghe ed altre creature demoniache, il micio tornò a godere di letteratura e di sentimenti favorevoli, riacciambellandosi senza remore sulle ginocchia umane. Anche se soprattutto tra le persone meno istruite certe superstizioni erano (e sono) dure a morire. Tanto che in epoca recente, nel 1990, alcuni gattofili sentirono il bisogno di dedicare una festa al migliore amico dell’uomo con i baffi. Una rivista specializzata bandì addirittura un referendum per stabilire il giorno in cui la festa sarebbe caduta. Vinse il 17 febbraio, per tutta una serie di motivi tra l’affettivo e l’esoterico.
Febbraio è il mese del segno zodiacale dell’Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come appunto i gatti. Secondo i detti popolari veniva anche definito il mese dei gatti e delle streghe confermando il legame ancestrale tra gatti e magia. Il numero 17 poi, nella nostra tradizione, era ritenuto un numero portatore di sventura, al pari del gatto. Il 17, scomposto in cifre, può significare 1 vita per 7 volte, con allusione all’altro celebre detto popolare secondo cui i gatti hanno sette vite.
Da allora, al nostro calendario si sono aggiunte altre due ricorrenze, per celebrare il nostro amico felino. Il 17 novembre è stata proclamata la Festa del Gatto Nero, in barba alla superstizione. L’8 agosto ricorre addirittura la Giornata Internazionale del Gatto.
Quali che siano comunque i motivi che stanno a monte della scelta di queste date, hanno poca importanza. Se da un lato il fatto che il gatto possa vantare ben tre ricorrenze in cui lo si celebra può considerarsi un record, una specie di Cat Pride prolungato, dall’altro qualunque micio, se lo volesse, potrebbe dirvi che questo per lui è un giorno come un altro. Oggi viene festeggiato, tutti gli altri giorni viene venerato. E non avrebbe senso chiedergli perché. Lui lo sa, e non sono cose che si possono spiegare.
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