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Doggy bag, necessità o virtù ?

Necessaria o volgare? Alla moda o da poveracci? Chi non ha mai sentito parlare della cosidetta doggy bag ovvero della confezione di alluminio o la busta di carta con cui vengono raccolti e portati via gli avanzi del ristorante. In pochi italiani quando vanno a pranzo o a cena fuori hanno preso l’abitudine di farsi incartare ciò che rimane nel piatto per gustarselo a casa. Resta però alta la percentuale di color che ritengono la doggy bag una realtà da maleducati e da pezzenti, o comunque qualcosa da guardare con vergogna.

La tendenza a finire quanto viene servito a tavola, secondo i suggerimenti dei nonni, richiama un passato difficile che riconosceva il valore del cibo e la necessità di non sprecarlo. Un comportamento che mal si concilia con i troppi pudori ancora presenti nel richiedere gli avanzi del cibo acquistato nel ristorante come avviene abitualmente in altre realtà. Chiedere di portare a casa il cibo avanzato quando si va a mangiare fuori è un comportamento molto diffuso in altri Paesi a partire dagli Stati Uniti dove la doggy bag è una prassi consolidata per gli stessi Vip.

Una abitudine che non ha ancora contagiato capillarmente l’Italia dove permangono molte resistenze anche se di fronte a questa nuova esigenza la ristorazione si attrezza e in un numero crescente di esercizi, per evitare imbarazzi, si chiede riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche le bottiglie di vino non finite e si mettono a disposizione confezioni o vaschette ad hoc. Peraltro molte delle porzioni avanzate possono essere consumate a casa semplicemente riscaldandole oppure utilizzate come base per realizzare ottime ricette.

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Autore

Andrea Sarti

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