Almanacco

Il Giorno del Ricordo

di Andrea

Oggi è un’altra giornata della memoria. Volutamente disgiunta da quella celebrata il 27 gennaio, perché con una legge tardiva lo stato italiano prese atto soltanto nel 2004 della triste sorte capitata a tanti nostri connazionali nei territori dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia e intese dare una ben magra soddisfazione ai sopravvissuti degli eccidi comunisti jugoslavi ed agli eredi delle relative vittime. La legge, presentata al Parlamento nazionale per iniziativa del deputato triestino Roberto Menia e del suo partito, allora denominato Alleanza Nazionale, arrivò meglio tardi che mai a colmare una lacuna soprattutto culturale prima ancora che giuridica nel nostro ordinamento e nella nostra coscienza civile.

Roberto Menia

Nei sessant’anni precedenti, infatti, mai si era fatta parola della tragedia degli istriani, in ossequio ad una cultura di sinistra imperante che aveva nella migliore delle ipotesi omesso (quando addirittura non negato) l’esistenza delle Foibe in cui furono gettati dopo essere stati brutalmente soppressi (non sempre si ricorse alla misericordiosa prassi della fucilazione) tutti coloro che caddero a partire dal maggio 1945 in mano jugoslava e che avevano la sfortuna di essere italiani non iscritti al partito comunista. Per sessant’anni fu lasciato esclusivamente al Movimento Sociale Italiano prima e ad Alleanza nazionale il compito di risvegliare la memoria di quella tragedia e delle sue conseguenze.

La Legge 30 marzo 2004 n. 92 non fece altro che ristabilire una verità storica fino ad allora colpevolmente taciuta da tutte le forze politiche per mera convenienza, e dotare gli ultimi superstiti dell’Olocausto Titino di una targa commemorativa in acciaio brunito con su scritto: La Repubblica ricorda. Ma almeno si è introdotta nel calendario, se non nella nostra coscienza distratta, una ricorrenza che dovrebbe far riflettere al pari di quella simboleggiata dalla liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau. Tra parentesi, la data del 10 febbraio non fu scelta a caso, richiamandosi a quel giorno del 1947 in cui l’Italia firmò il Trattato di pace con gli Alleati, riconoscendo così e sanzionando tutte le perdite subite sia da un punto di vista territoriale che delle vite umane e dei beni patrimoniali appartenuti alle famiglie italiane che su quei territori erano state spazzate via dalla guerra.

Il Giorno del Ricordo era un’altra occasione di riflessione, si diceva. Invece niente, o quasi, fino a poco tempo fa. A parte una pregevole ma fugace fiction interpretata anni fa dal bravo Beppe Fiorello, ogni 10 febbraio è passato nell’indifferenza di istituzioni, forze politiche e società civile. Sopra tutti, va detto, hanno brillato i Presidenti della Repubblica, espressione diretta del Partito Democratico (il primo addirittura storicamente legato a quel P.C.I. che nel 1956 dopo il boia Tito aveva applaudito anche i carriarmati sovietici che soffocarono nel sangue la rivolta ungherese), non hanno mai mancato di rimarcare con la loro prosa spesso e volentieri ultraretorica ogni occasione storica o di attualità che si è loro presentata. Tutte meno questa.

Grazie ad un centrodestra in ascesa che storicamente ha sempre fatto sua la battaglia per rendere giustizia non solo ai poveri martiri di Tito e compagni, ma anche e soprattutto alla verità storica: e cioé che le vittime del comunismo assassino non valgono meno di quelle del fascismo, del nazismo e di tutte le altre follie politiche e religiose escogitate dalla razza umana per far strage di se stessa. A ben vedere, la nostra classe politica è tuttavia espressione di una società civile che ha perso da tempo quel poco di dignità consegnatole in eredità da coloro che oltre settant’anni fa persero la vita perché noi oggi potessimo permetterci perfino di dimenticare o ignorare la loro esistenza.

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Autore

Andrea

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